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La fucilazione 
 
 
 
 
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LA FUCILAZIONE DI DUE GIOVANI SOLDATI 
di Sesto Bellisario 
la fucilazione
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Due giovani soldati, uno ispicese, Lissandrello Carmelo, nato ad Ispica il 13 ottobre 1909, figlio di Lissandrello Pietro e Ignaccolo Giovanna (detta Vanna a' Carpintera, come c'informa la signora Mariannina Favara), l'altro di Giarratana, Avola Giorgio, nato il 6 novembre 1909 a Modica, da Avola Pietro e Candido Giorcia, il giorno 9 luglio 1943, quando i soldati alleati dalla spiaggia della Marza si erano già avviati verso la città, ritennero ingenuamente che ormai la guerra fosse finita e che non ci fosse niente da fare. Come avevano fatto altri loro commilitoni, dismisero la divisa per non farsi riconoscere dai soldati americani, e indossarono abiti civili trovati in un casolare abbandonato. 
I due giovani, poste le divise dimesse nel bagaglio delle rispettive biciclette che avevano trovato non si sa come, contenti di poter abbracciare i loro cari e che tutto fosse ormai finito, pedalando allegramente si diressero imprudentemente verso il centro dell'abitato ispicese. Mai l'avessero fatto!  
Fermati da una pattuglia di "camicie nere, e riconosciuti come "soldati disertori” dalle divise che ingenuamente portavano nel porta bagagli, furono condotti davanti al truce colonnello D'Apollonio e, dopo un sommario processo, tenuto nei locali del Convento del Carmine, dove si era insediato il Comando Militare, furono condannati alla fucilazione per diserzione. L'esecuzione doveva essere eseguita seduta stante. 
 
convento del Carmine 
 
Il cappellano militare, un frate francescano di nome Giacomo, inutilmente pregò il colonnello di ritardare la condanna a morte, nella speranza di un contr’ordine dell'Alto Comando o che arrivassero prima i soldati americani, ormai a qualche chi lometro dalla città. Ma il Comandante fu inflessibile ed irremovibile, e dette subito l'ordine di eseguire la sentenza. I due giovani che non credevano di aver violato la legge, in preda alla più nera disperazione non smettevano di piangere. 
Alle ore 11 del 9 luglio i due giovani furono prelevati dalla caserma situata nel convento del Carmine, e, dopo aver chiesto invano di vedere i propri figli, si dice abbiano rifiutato, per disperazione, i conforti religiosi. Condotti nell'orto del notaio Moltisanti, la cosiddetta "Silvia", dietro la chiesa del Carmine, furono bendati e fucilati alla schiena da un plotone di sette soldati. Più tardi i loro corpi furono portati nel cimite ro in contrada "Garzalla" ed inumati.