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chiesa di S. Giorgio-Ragusa 
 
 
 
 
chiesa di S. Giuseppe-Ragusa 
 
 
 
E' doveroso e legittimo sapere che i siti del barocco del Val di Noto siano entrati a far parte della lista dell'Unesco e classificati come patrimonio dell'Umanità, ma si deve elogiare coloro i quali hanno esternato la loro grande versatilità attraverso queste sublimi opere d'arte. Oltre ad apprezzare il Duomo di San Giorgio di Ragusa Ibla si deve sapere chi è stato l'artefice di questa meraviglia tardo-barocca. 
Ecco allora che va ricordato il nome del suo più straordinario, ma fin troppo ottenebrato, interprete di architettura del Settecento nel Val di  Noto: Rosario Gagliardi. L'architetto siracusano aveva raggiunto la fama durante il Settecento nel giro di pochi anni, divenendo l'idolo di giovani apprendisti- architetti, per il suo grande modo di concepire l'architettura. La sua notorietà, a pochi decenni dalla sua morte, era caduta nell'oblio. 
Almeno sino al 1972, anno di pubblicazione del suo Trattato di architettura chiesastica, ad opera di due studiosi d'arte, Luigi Di Blasi e Francesco Genovesi. Ed è rientrata nuovamente nell'ombra sino ai nostri giorni. 
il terrempoto - 1693 
E' stato, pertanto, grazie alla segnalazione di questi due studiosi che il Gagliardi venne riconosciuto come insigne progettista di chiese, monasteri, palazzi, ricevendo la meritata attenzione da parte di studiosi, i quali stentavano a riconoscerlo come il più grande del Settecento nel Val di Noto, nonostante la conoscenza delle sue architetture.  
Questo sentito riconoscimento, non fu per niente retorico, anzi volle ravvisare le qualità di un architetto dedito proficuamente a questa affascinante disciplina, attraverso cui egli stesso, già all'inizio della sua formazione, volle farsi riconoscere come versatile d'ingegno e nello stesso tempo eclettico, poiché, non fu per niente imitatore di schemi o sistemi architettonici di chi lo ha preceduto. 
Rosario Gagliardi, nato a di Siracusa il 27 Aprile 1687, vi trascorse la fase adolescenziale e solo nel 1707, si trasferì con la famiglia a Noto, in quanto il padre, che esercitava l'attività di magistro, ottenne l'incarico di stimare la tonnara di Capo Passero. 
Un atto di battesimo del 1712 cita il Gagliardi con l'appellativo di “magistero faber lignarius” e questa sua origine artigiana gli diede il rigore, l'impegno esecutivo e la capacità di introdurre nelle sue architetture i requisiti che il Barocco richiedeva. Dal 1713 iniziò la sua carriera di architetto con la progettazione del monastero di S. Maria dell'Arco e nel 1717 del monastero di S. Chiara a Noto. Tra il 1718 e il 1725 si trasferì a Palermo per approfondire e acquisire le nozioni di architettura dei più grandi trattatisti italiani tardo-cinquecenteschi come Serlio, Vignola, Scamozzi, Palladio e il sempre attuale Vitruvio. 
E' grazie a questa permanenza nel capoluogo siculo che dal 1726, anno di pubblicazione del suo “Trattato di architettura chiesastica”, che venne nominato “Architetto dell'ingegnosa città di Noto”, come testimoniano tra l'altro i progetti del Duomo di S. Giorgio di Ibla, ove nel 1738 fu impegnato per la progettazione. Dal 1726 infatti  cominciarono per Rosario le commissioni importanti: per la città di Noto, funestata come la stessa  Ragusa dal devastante terremoto del 1693, egli fu protagonista insieme a Paolo Labisi della riedificazione, con l'apertura nello stesso tempo di nuovi cantieri come le chiese di S. Domenico, del Carmine e di altre costruzioni civili.  
Ma la creazione più ardita, considerata il capolavoro dell'artista, il massimo che avrebbe potuto fare, fu appunto il Duomo di S. Giorgio, di cui egli stesso non vide il  completamento avvenuto nel 1775, perché dal 1740 fu cagionevole di salute. Dal 1762 infatti egli nominò suo stretto collaboratore Vincenzo Sinatra, che fu il successore a tutti gli effetti già da quell'anno. Rosario Gagliardi morì all'età di 75 anni. Il Duomo di San Giorgio si staglia felicemente sulla sommità del colle di Ibla, rappresenta il trionfo del Tardo-Barocco non solo nella città di Ragusa, ma anche in tutta la provincia stessa, divenendo il più bel prodotto monumentale senza precedenti. Se è vero che il Duomo di Ibla viene riconosciuto come il capolavoro del Gagliardi, è soprattutto lecito sapere che l'opera è il compendio di tutto il sapere architettonico del suo creatore. E' confermata l'ipotesi che Rosario Gagliardi abbia preso come modello il progetto della chiesa della SS. Annunziata dei Teatini a Messina, progettata ma mai edificata dal modenese Guarino Guarini, che rimase solamente due anni in Sicilia e grazie al quale filtrò in Sicilia il mero linguaggio borrominiano, a partire dal 1686, anno di pubblicazione del suo “Trattato di architettura civile”. 
La chiesa messinese divenne quindi il prototipo di una facciata-torre, a tre ordini decrescenti secondo uno schema piramidale, con la cella campanaria fusa nel terzo ordine, divenendo  contemporaneamente una quinta scenografica. Fu una vera e propria innovazione non solo per tutti gli architetti siciliani del Settecento, ma soprattutto per Rosario Gagliardi, quest'ultimo ritenendosi affine con quella nuova soluzione. Oltre al Guarini, Gagliardi sintetizzò nel Duomo ragusano lo studio e la visione di chiese di grandi architetti palermitani, durante il suo soggiorno nella città dal 1718 al 1725. Tra questi vi fu il fratel Giacomo Amato dell'ordine dei Crociferi, che nella chiesa di S. Teresa alla Kalsa introdusse la novità nel distaccamento delle colonne dei rispettivi due ordini della facciata, per dare alla stessa, con l'influsso della luce, plasticismo e movimento. 
 
 
 
Modica 
 
 
La stessa peculiarità è visibile nella chiesa di S. Anna, opera di Giovanni Amico, e nel Duomo di Siracusa, opera di Andrea Palma, dove in quest'ultima vengono riproposti i fattori della teatralità e del verticalismo, già attuati nella chiesa della SS. Annunziata del Guarini. Alla visione di tutti questi architetti palermitani, grazie ai quali furono assorbiti nel Val di Noto i caratteri del Barocco romano, si aggiunse per Gagliardi la visione dei progetti di un'altra suggestiva creazione, a pochi passi da Ragusa, ovvero il Duomo di Modica. Anche l'anonimo progettista di quest'ultimo conosceva bene i canoni perseguiti dal Gagliardi. L'apertura del cantiere medicano è certamente antecedente a quello ragusano e non è escluso che Gagliardi ebbe modo di consultare quei progetti, datati 1702, che gli confermarono sempre più certezze sulle sue intuizioni. 
Infatti anche se l'impostazione delle due facciate è molto simile, non significa che entrambe non siano per certi versi originali. L'originalità del Duomo di Ibla è supportata dal completamento dei lavori del Duomo di Modica, avvenuti dopo il 1775, poiché frammentari e che oltretutto propongono nel secondo e terzo ordine chiari richiami rococò. 
Ecco che il Duomo di San Giorgio di Ibla diviene la risultante dello studio di artisti-architetti molto autorevoli non quindi emulati, ma ritenuti vera e propria fonte di ispirazione. In quanto a Gagliardi, questo suo  dirompente modo di sentire, di intuire la forma lo ha portato a partorire un'opera d'arte di infinita arditezza e bellezza, come una sorta di scatola magica che non riesce a contenere al suo interno la magnificenza, ma che la esterna in ogni suo punto. Il suo spirito, il suo modo di pensare e di sentire, che si stempera da oltre due secoli su quelle pietre, rivela attraverso l'intuizione della sua forma, la verità di quest'opera.
disegni originali Rosario Gaglia 
Disegni originali di Rosario Gagliardi. (1698-1762)
Salvaguardare quest'opera significa salvare, oltre il valore materiale, lo spirito dell'artista contenuto nella materia, in quanto quelle pietre sono memoria di quello che Rosario Gagliardi ha compiuto nella sua vita. Pertanto questa sensibilità e questa considerazione del valore materiale, in cui sta il sentimento spirituale, è assolutamente determinante ed è l'unica prospettiva che dobbiamo avere. 
Oggi che il riconoscimento dell'Unesco è una realtà tangibile e concreta, di certo non preclude di attribuire questo merito alle sole bellezze monumentali, bensì anche a coloro che hanno permesso tutto questo e che, purtroppo, triste destino, sino ad oggi rimangono velati dalla  dimenticanza. (La provincia di Ragusa-febbraio 2004) 
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Chiesa della Santissima Annunziata dei Teatini a Messina, in una incisione settecentesca 
 
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