turismo e vacanze in Sicilia 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA NECESSITA' DEL'INNOVAZIONE, OGGI COME NELLA STORIA 
da bollettino degli ingegneri - ing. Francesco Serra 
vincenzo florio 
Nell’attuale panorama italiano di timida ripresa economica, l’innovazione a 360 gradi diventa punto centrale per l’impostazione delle politiche imprenditoriali delle aziende di qualsiasi dimensione. La timida ripresa che si va delineando può essere la scintilla per determinare un rifiorire degli investimenti e in particolare di quelli in nuove tecnologie e nuovi prodotti, in modo da far fronte alla sempre più pressante concorrenza proveniente dal mercato asiatico. L’ingegnere deve quindi adottare politiche e comportamenti il più possibile mirati all’innovazione e al continuo miglioramento qualitativo, evitando di ripetere gli errori del passato e le loro conseguenze. In particolare, la parabola dei Florio — poiché di parabola si tratta, con tanto di ascesa, picco e declino — è un “topos” indiscusso di quelle dinamiche economico-culturali che, negli ultimi due secoli, hanno accompagnato, in Sicilia ed anche altrove, il rapido formarsi di ingenti patrimoni e di imperi economici, e il loro declino.  
Quando si parla dei Florio, si parla di una vera e propria Dinastia Imperiale, dal potere economico enorme, dal patrimonio sterminato, prestigiosa in campo internazionale e connessa con la società siciliana del proprio tempo. Eppure le cause del loro declino economico tra fine Ottocento e inizio Novecento, sono state analizzate più volte da storici ed economisti senza riuscire a dare una spiegazione convincente. Probabilmente ciò accadde per una serie di fattori concomitanti, come lo sviluppo industriale del nord, il mancato supporto del governo centrale dell’epoca, ma anche per l’atteggiamento dei Florio che, dopo aver creato un impero che dalla Sicilia abbracciava, con le proprie attività economiche, parte dell’Europa spingendosi fino negli Stati Uniti, non furono in grado di innovare. Ed è questo il destino delle aziende — di qualsiasi dimensione — che nel moderno mercato concorrenziale non adottino una politica volta al continuo miglioramento e alla creazione di nuovi spazi di mercato.  
Simile, per molti aspetti, alla vicenda di altri nuovi ricchi, quella dei Florio è la classica “scalata” economica, con la quale, grazie al loro ingegno e al loro inoppugnabile talento mercantile ed imprenditoriale, riuscirono a toccare il vertice assoluto della piramide sociale. Non a caso, da semplici droghieri, quali furono agli esordi, nel volgere d’un secolo divennero i dominatori incontrastati del panorama economico e socioculturale della loro epoca. 
La famiglia Florio comincia la sua ascesa nell'Ottocento, quando le grandi famiglie della nobiltà borbonica sono avviate al declino: Vincenzo Florio, nato a Bagnara Calabra nel 1799, la cui famiglia era giunta in Sicilia in esilio, al seguito del Re di Napoli nel periodo Napoleonico, prima avviò un commercio di spezie e già nel 1841, da agente dei Rothschild, fondò a Palermo una fabbrica di macchinari a vapore, l'unica dell'isola. Fu poi la volta della fonderia Oretea, mentre Vincenzo diventava secondo azionista di una società di  navigazione i n g l e s e , f o n d a - m e n t o della futura flotta navale, e interessata  al risanamento delle strutture del porto di Palermo. Alla morte di Vincenzo nel 1868, gli succedono tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, Ignazio Florio senior e Ignazio Florio junior, seconda e terza generazione della dinastia: il primo è talmente ricco da poter comprare un arcipelago, le Isole Egadi, ed una serie di tonnare. Proseguendo nella politica del fondatore Vincenzo, i Florio investono oculatamente in vari ambiti e il segreto del loro successo risiede in una profonda diversificazione dei loro interessi: industria vinicola (da oltre duecento anni il marchio Florio è sinonimo di marsala nel mondo; fondate nel 1833, le cantine Florio in pietra di tufo contavano nel 1861 ben 14 tettoie lunghe dai 160 ai 214 metri ognuna), industria navale (realizzazione dei nuovi cantieri navali di Palermo),  industria conservativa per la trasformazione del pesce (si deve a loro la creazione e  l’industrializzazione del metodo di  conservazione del tonno “sott’olio”), strutture alberghiere di lusso, industria estrattiva (miniere di zolfo in tutta la Sicilia), industria della ceramica artistica (acquistata dalla Richard-Ginori, alla morte del suo fondatore). In breve la “Compagnia di Navigazione” dei Florio diviene una delle prime flotte europee e assume, grazie a una serie di lungimiranti accordi economici con i soci anglosassoni e italiani, il monopolio del trasporto commerciale e passeggeri su nave nel Mediterraneo (nel 1876 la flotta Florio poteva contare su ben 29 navi e nel 1880 iniziava il collegamento con New York via nave). I Florio, negli anni della ricostruzione post-risorgimentale, diedero lavoro a migliaia di persone e assunsero, per la Sicilia e il meridione, il ruolo che ebbe qualche decennio più tardi la FIAT per il nord. Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, la Sicilia è una delle più frequentate stazioni climatiche e Palermo diventa centro d’incontro dell’èlite cosmopolita. 
Una capitale, europea, di frontiera, dove arrivano Re, principi, imperatori, nobili e aristocratici da tutta Europa. Nelle feste, nelle sontuose  riunioni mondane, si coglie il carattere di una città brillante, nuova. 
E al centro di ogni festa o riunione pubblica ci sono i Florio, in particolare Franca Florio, la moglie di Ignazio. Nel giro di tre anni diventa la protagonista assoluta della vita mondana di Palermo e affianca il marito nella vita di relazione: organizza cene e banchetti in onore dei banchieri Rothschild, di cui Florio è il rappresentante in Sicilia, e poi Emanuele Filiberto di Savoia con la principessa Elena  D’Orleans, e soprattutto il Kaiser Guglielmo II ormai amico di famiglia. Frequentano casa Florio i maggiori esponenti culturali dell’epoca, come D’annunzio, Leoncavallo, Caruso. Dal 1906, per circa vent'anni, Ignazio Florio jr (figlio di Ignazio senior) assume direttamente la gestione del Teatro Massimo, nel quadro del suo progetto di rendere Palermo un centro internazionale. Al fratello di Ignazio jr, Vincenzo Florio jr (1883-1959), appassionato di automobili e pilota su strada egli stesso, si deve l'istituzione nel 1906 della Targa Florio, una corsa automobilistica entrata nel mito dell'auto italiana da corsa.
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LE CAUSE DEL DECLINO 
Ma da questo momento in avanti l'impero dei Florio si avvia verso un'inesorabile decadenza: di quello che era sembrato un miracolo industriale del Sud, oggi rimane il ricordo di un mondo tramontato. 
La crisi dell’industria navale e la concorrenza con prodotti di bassa qualità e basso costo nel campo vinicolo, la mancanza di nuovi investimenti e di aiuti dal governo centrale, l’immobilità della famiglia nonostante la consapevolezza dell’imminente declino, determinano forti indebitamenti e pian piano la vendita o la scomparsa di tutte le società dei Florio. Nonostante tutto, i Florio non fallirono mai: Ignazio Florio jr non fuggì le proprie responsabilità, vendette tutte le società e l’intero patrimonio familiare per pagare i propri debiti fino all’ultimo centesimo, ritirandosi poi a vita privata.  
Un epilogo che fa ancor più stridente il confronto con l’attuale panorama economico, in cui i fallimenti sembrano la più naturale conclusione di attività spesso anche poco remunerative. 
Cosa determinò dunque un così rapido declino e la decadenza di un impero creato con tanta lungimiranza?  
Una serie di circostanze storiche e di eventi sfavorevoli influirono sicuramente in modo negativo, ma in primis la mancanza di un atteggiamento innovatore degli ultimi discendenti della dinastia Florio.  
Al contrario di quello che fece il fondatore Vincenzo Florio nella prima metà dell’Ottocento, essi non diversificarono i loro interessi su nuovi mercati e non investirono nelle nuove tecnologie disponibili all’inizio del Novecento, tentando semplicemente di mantenere le posizioni di mercato già acquisite, senza aprirne di nuove e più redditizie. Il mantenimento o l’ampliamento delle posizioni di mercato -all’epoca dei Florio come oggi - può essere perseguito quindi soltanto con una oculata politica dell’innovazione.
 
 
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