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genovese 
 
grotta del genovese
La Grotta e la sua scoperta. 
La scoperta e la divulgazione dei primitivi messaggi umani nella Grotta del Genovese risale al 1949, quando Francesca Minellono, una pittrice fiorentina, durante un breve periodo di vacanza sull'isola,  spinta dalla curiosità si infilò nell'angusto cunicolo. Del sorprendente rinvenimento furono nell'ordine informati il prof. Paolo Graziosi dell'Istituto di Paletnologia Umana dell'Università di Firenze, e la soprintendente per le antichità della Sicilia Occidentale Jole Bovio Marconi. Non passò dunque troppo tempo perché a Levanzo si attivassero le prime ricerche a carattere scientifico: furono eseguite le riproduzioni su lucido delle rappresentazioni parietali e si effettuarono alcuni scavi stratigrafici.  
Ben presto si determino’ che i graffiti rinvenuti risalgono a 11-12 mila anni fa, ovvero alla fase finale del Paleolitico, poco prima cioè che il mare inghiottisse quei lembi di terra che rendevano le Egadi parte integrante della Sicilia, e le pitture a 5-6 mila anni fa, o meglio alla fine del Neolitico, quando Levanzo era già un'isola.  
Incisioni, graffiti e dipinti preistorici raffiguranti cervi, bovini, cavalli, pesci e figure umane utilizzate rappresentano una documentazione archeologica inestimabile ed uno spettacolo affascinante sotto il profilo archelologgico.  
La grotta del Genovese si trova lungo la costa nord-occidentale dell'isola di Levanzo, la più piccola, ma non la meno incantevole delle Egadi, a circa trenta metri sulle alte e ripide pareti calcaree che gli si ergono di fronte. L'entrata di formazione carsica si affaccia su una piccola cala ed è contornata dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea, offrendo uno scenario di grande suggestione paesaggistica. 
Le varie evoluzioni carsiche hanno determinato alla grotta una morfologia particolare, infatti la grotta è composta da un'ampia camera d'ingresso comunemente definita "antegrotta", dalla quale si accede tramite uno stretto e basso cunicolo ad una camera interna meno alta e più lunga detta "retrogrotta". L'antegrotta conserva i resti di una fornace per la fabbricazione della calce risalente ad età tardo medievale ed, in epoche recenti, era utilizzata dai contadini dell'isola come stalla e ricovero per attrezzi agricoli. Il retrogrotta, che custodisce al suo interno trentatrè figure incise ed un centinaio di figure dipinte che sono state definite la più ricca eredità italiana dell’espressionismo preistorico. Noto agli isolani solo come ottima postazione di caccia, in cui mai nessuno era penetrato tranne qualche furetto occasionalmente introdottovi per stanare i conigli. Tra i levanzari, però, circolavano voci circa la presenza di "iscrizioni" nella camera oscura, probabilmente per i racconti di qualche esploratore inconsapevole di essersi imbattuto in raffigurazioni preistoriche.
 
 
 
le incisioni
Le incisioni rappresentano prevalentemente animali di grossa taglia, anche se non mancano quattro raffigurazioni umane; tutti i graffiti sono stati datati alla fase finale del Paleolitico Superiore, ovvero al periodo di passaggio dall'era geologica pleistocenica a quella olocenica, quando i cambiamenti climatici dovuti alla regressione dei ghiacciai continentali, costrinsero l'uomo all'adattamento ad un ecosistema mutato ed all'adozione di alcuni cambiamenti culturali che lo trasformarono da semplice cacciatore in cacciatore, pescatore e raccoglitore di molluschi. 
A Levanzo sembra verificarsi in versione ridotta il medesimo grande fenomeno espressivo che nel Paleolitico Superiore investì la regione franco-cantabrica, lasciando eccelse riproduzioni di animali molto simili a quelle della Grotta del Genovese. Le pareti e le volte delle due grotte pirenaiche più note, quella di Altamira in Spagna e quella di Lascaux in Francia, conservano decine di pitture paleolitiche, in uno stile naturalistico che vede in Italia la sua massima espressione nelle incisioni di Levanzo.
Le specie animali incise della Grotta del Genovese sono il Cervus Elaphus (cervo), il Bos Primigenius (bue-toro), l'Equus Asinus Hidruntinus (piccolo equide), e forse un felino o altra bestia difficilmente decifrabile.Quasi tutti gli animali sono rappresentati di profilo e sono mancanti, essendo stati eseguiti con l'ausilio di un unico tratto che ne delimita i contorni, di particolari interni del corpo; fanno eccezione un toro riprodotto frontalmente ed un equide per il quale è stato delineato l'occhio.Gli animali di Levanzo hanno un tratto distintivo fortemente naturalistico; pur essendo assenti particolari interni del corpo e qualsiasi artifizio chiaroscurale, il tentativo di riprodurre ciò che veniva osservato in natura riesce alla perfezione, rivelandosi evidentissimo in un cerbiatto che volge la testa, immortalato nell'atto di osservare ciò che accade alle sue spalle, nella scena del toro che insegue una vacca, e nella raffigurazione di un toro in corsa, ove il movimento viene descritto egregiamente.La cattura della fauna rappresentata a Levanzo rivestiva senza dubbio un'importanza primaria per la sopravvivenza dell'uomo del Paleolitico. Pertanto anche la semplice osservazione degli animali doveva suscitare negli animi una grande suggestione, che suscitava sentimenti di adulazione cui veniva dato sfogo nelle raffigurazioni parietali. 
Tre figure antropomorfe sono raggruppate in una scena che si articola intorno ad un personaggio centrale di dimensioni prominenti, quest'ultimo è mancante delle braccia, ha la testa a forma di cuneo, una lunga barba ed un cinturone. I soggetti laterali sono di dimensioni minori, ed al contrario della raffigurazione centrale, rigida e statuaria, sembrano essere in movimento, forse in danza intorno ad un personaggio di alto rango. La figura a sinistra è stata eseguita di profilo, con le braccia allargate, e con un copricapo a forma di uccello o di cavallo, quella a destra, invece, presenta un corpo ondulato e testa a forma di cuneo dalla quale pende un lungo pennacchio. Questo gruppo è caratterizzato da un forte schematismo, rendendo impossibile ricondurre alcun particolare realizzativo dei tre soggetti al realismo riscontrato nelle rappresentazioni animali; tuttavia le tre figure umane possono ricordare, per l'imprecisione anatomica che le caratterizza, le pitture antropomorfe delle celeberrime grotte della regione franco-cantabrica.La quarta figura umana incisa nella Grotta del Genovese è costituita da due gambe in corsa; un forte significato simbolico potrebbe essere dedotto dalla mancanza di ogni altro particolare anatomico al di fuori degli arti inferiori, ma in questo documento graffito sembra evidente l'annullamento della stilizzazione, e il ritorno al naturalismo verificato nelle raffigurazioni animali. 
La datazione delle incisioni di Levanzo è stata, se non semplice, particolarmente agevole; infatti la fortuna volle che Paolo Graziosi durante gli scavi da lui condotti nella grotta nell'estate 1953, rinvenisse in uno strato non rimaneggiato una lastrina in pietra calcarea recante l'incisione di un toro (oggi esposta al museo Salinas di Palermo), in uno stile molto simile a quello delle rappresentazioni parietali. La datazione eseguita con la tecnica del carbonio 14 su un guscio di Patella Ferruginea ha consentito di datare lo strato, e di conseguenza le incisioni parietali, al 9680 a.C. .
 
 
le pitture
Tutte le pitture di colore nero sono state datate alla fase finale dell'epoca Neolitica, nel momento in cui le tecniche agricole e di allevamento erano ormai ben consolidate ed universalmente utilizzate, e i primi gruppi umani stavano per impadronirsi delle complesse conoscenze metallurgiche. 
Molto conosciuti, non solo in ambiente accademico, sono i quattordici idoletti dipinti della grotta; sei di essi ,che ricordano una fiaschetta o un violino ( idoletti "en violon"), hanno una forma globosa con pancia rigonfia, strozzatura centrale e braccia ridotte a minuscole appendici, i restanti otto hanno forma cilindrica e arti superiori appena accennati cosi come si era osservato nei precedenti sei. 
Gli idoletti di Levanzo trovano precisi confronti nei simulacri fittili ed in pietra riferibili al culto della fertilità rinvenuti in numerosi siti Neo-Eneolitici del Mediterraneo; ne sono conferma le statuette di Creta, delle Cicladi, della Penisola Iberica e della Sardegna, del tutto simili agli idoli della Grotta del Genovese. Pertanto anche a Levanzo si afferma il culto della Madre Generatrice (Dea Madre), attestatosi lungo un ampissimo arco temporale, che va da fasi assai remote del Paleolitico superiore alla tarda Età del Bronzo, estendendosi in tutta l'Europa ed in parte dell'Asia. La collocazione cronologica degli idoletti in epoca Neo-Eneolitica è ulteriormente avallata dai dati stratigrafici forniti dagli scavi eseguiti negli anni cinquanta, che dimostrarono la presenza nei livelli più alti della grotta di ceramiche diffuse in tutta la Sicilia alla fine del quarto millennio a.C. .
Nella grotta esistono altresì molti animali dipinti in uno stile naturalistico grossolano, dove le forme sono quasi sempre strambe ed il movimento non è mai accennato. Un tonno ed un delfino costituiscono le più antiche raffigurazioni di pesci conosciute in Europa. 
Le rappresentazioni pittoriche antropomorfe di Levanzo sono fortemente stilizzate, il corpo è quasi sempre filiforme e gli arti sono lunghi e sottili, di contro, in alcuni soggetti il volume del corpo aumenta esponenzialmente, e gli arti si accorciano fin quasi a scomparire. 
Un'unica pittura in rosso, rappresentante un uomo con corpo sinuoso e testa a forma di cuneo, è riferibile all'epoca paleolitica, essa è infatti del tutto simile al personaggio posizionato a destra nella scena di danza anzi descritta, ed è pertanto a ragione considerata coeva alle incisioni.
 
pitture
Per visitare la Grotta del Genovese potrete scegliere tra l'escursione in barca (condizioni meteo-marittime permettendo) o in fuoristrada. Arrivati alla grotta, una guida vi accompagnerà all'interno, illustrandovi tutte le pitture e le incisioni preistoriche. 
Appena sbarcati al porto di Levanzo sarà sufficiente rivolgersi al nostro sportello dove un collaboratore vi darà tutte le informazioni per cominciare l'escursione.  
Vi ricordiamo che è necessario prenotare l'escursione in anticipo telefonando ai numeri 0923/924032 - 339/7418800 
Orari partenze: 10,30 - 15,30 Durata dell'escursione: 2 ore 
Se preferite l'escursione in barca, avrete la possibilità di proseguire l'escursione con il periplo dell'isola, sostando per un bagno in una delle caratteristiche calette dell'isola (Cala Tramontana, Cala Calcara, Cala Minnola).  
Durata dell'escursione + giro dell'isola con sosta e bagno: 3ore  
Al ritorno dall'escursione, per gruppi superiori a 15 persone, si organizzano anche degustazioni di prodotti tipici (escluso i mesi di luglio, agosto, settembre).
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